Corriere della Sera. Ma quale crisi dell'auto. Io vendo più di prima - Angelo Acquafresca
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Corriere della Sera. Ma quale crisi dell’auto. Io vendo più di prima

 

Plinio Vanini, 49 anni

OLGINATE (Lecco) — Plinio il giovane (il vecchio è suo nonno) vende quasi mille auto al mese. L’appuntamento è nel salone Mercedes di Olginate, provincia di Lecco, un lunedì mattina. Le cime delle Prealpi lombarde sono innevate, il sole è tiepido, due venditori sono presi con altrettanti clienti. Musica di sottofondo. Va tutto bene, va tutto come dovrebbe andare. Infatti sembra la scena di un sogno, perché la realtà è l’incubo di una frana in movimento da 43 mesi: immatricolazioni italiane giù del 4,5 per cento anche in novembre; concessionarie che chiudono (erano 6.130 nel 2002, sono 5.011 quest’anno, si stima che saranno 4.300 nel 2017: fonte Quintegia). Ma Plinio Vanini va in direzione ostinata e contraria: il suo gruppo, Autotorino, distribuisce 11 marchi in altrettante sedi dislocate in sei provincie nel nord, tra la Lombardia e l’Emilia Romagna; ha 250 dipendenti; nel 2012 ha fatturato 149 milioni di euro (vendendo 10.300 vetture, 5.530 nuove e 4.950 usate); completerà il 2013 superando quota 11mila. Anno record.

Come fa?

«Tenendo sotto stretto controllo, in tempo reale, la situazione di tutto il gruppo».

In pratica?

«Abbiamo un unico back office per tutto il gruppo, in Valtellina: le concessionarie non fanno conti né producono carta. Sono tutte concentrate sul cliente. Ogni mattina sappiamo quello che bisogna sapere: i contratti del nuovo, le proiezioni dell’usato ritirato, i ricondizionamenti previsti e quelli effettivi. I punti chiave dell’azienda. È un controllo condiviso dal management: chiunque, dovunque si trovi, entra nel sistema e vede margini, perdite, sforamenti…».

Un software di gestione.

«Un sistema di business intelligence che ci dice in tempo reale quanti contratti stiamo facendo, dove li stiamo facendo, chi li sta facendo. Partendo dal macro-dato arriviamo alla persona, consentendoci di fare formazione mirata sui punti di debolezza di quel venditore o di quell’accettatore. È la nostra forza. Dietro ci sono trent’anni di costruzione, consolidamento e innovazione. Lo scopo è adattarsi rapidamente ai cambiamenti, provare a vivere la contemporaneità, far crescere le persone. Quest’anno abbiamo investito 400 mila euro in formazione».

È cambiato il modo di vedere?

«Sì, radicalmente. Dal venditore-imbonitore siamo passati al professionista in grado di fornire soluzioni di mobilità a un cliente, sempre più informato e preparato, che sceglie il concessionario in base al rapporto prezzo/servizio».

Il prezzo, da solo, non basta?

«Vendere solo per il prezzo è una scelta che porta alla chiusura. Quando il cliente acquista un’auto comincia una relazione: da quel punto in avanti dobbiamo risolvere i suoi problemi. Se resta a piedi: auto sostitutiva, recupero, assistenza telefonica… Cose che possono sembrare banali, ma per farle bene occorre conoscere bene le persone, seguirle lungo tutto il percorso. Il cliente ha un nome, un cognome e un indirizzo, non è un numero di pratica. Risultato: il 97 per cento dei clienti tornerebbe da noi o ci consiglierebbe a un amico. È uno di quei dati che monitoriamo».

Lei è valtellinese. Il quartier generale del gruppo è in Valtellina. Da dove viene il nome Autotorino?

«Da un campo di grano a Morbegno, dove mio padre dal 1965 depositava le auto comprate ai dipendenti Fiat di Torino. Settanta, ottanta veicoli l’anno, una dipendente contabile, i debiti che superavano il patrimonio… Nell’85 mio padre muore, io ho 21 anni e lascio gli studi di veterinaria. Comincio con qualche fuoristrada d’importazione, finché nel ’98 acquisisco il primo marchio, Mitsubishi, e costruisco la prima sede, a Cosio Valtellino. Poi sono venuti Jeep, Hyundai, Kia, SsangYong, Mercedes, Smart, Nissan, Subaru, infine Mini e Bmw».

Ed è venuta l’azienda agrituristica La Fiorida, sempre in Valtellina.

«È l’altro grande progetto della mia vita. Ho cominciato giocando con un paio di vacche di razza bruna. Oggi alla Fiorida (seguita da mia moglie Simonetta) ci sono 500 capi di bestiame, 80 dipendenti, il caseificio, il macello, lo spaccio, il ristorante (una stella Michelin quest’anno, ndr), il centro benessere, i percorsi didattici… Filiera cortissima: dalla terra al consumatore in pochi metri. In fondo io sono un allevatore. Ogni giorno alle 5,30 vado nella stalla. Mi occupo della salute degli animali, fecondazioni, diagnosi di gravidanza, podologia».

Lei corre sempre.

«Corro per davvero, anche a piedi: l’ultima maratona è la Valtellina Wine Trail: 42 chilometri fra cantine e vigne delle mie parti. Bellissimo. Correre è un modo per riflettere e scaricare le tensioni, ma è anche una scuola di vita: se fai gare di durata impari a tener duro quando serve».

Plinio Vanini alla Valtellina Wine Trail 2013Plinio Vanini alla Valtellina Wine Trail 2013

Torniamo all’auto: che cosa pensa della vendita online? Avrà un futuro?

«Direi che ha già un presente: oggi il 35 per cento delle nostre vendite deriva da contatti internet. Stiamo facendo enormi investimenti in questa direzione. A giorni saremo operativi con l’acquisto diretto: il cliente farà tutto online, sceglierà il modello, farà la valutazione dell’usato e il finanziamento, sceglierà se venire a ritirare l’auto o riceverla a casa. Nel medio periodo questo mondo sarà dominante, l’80 per cento del business. È una sfida nuova e va accettata. Fermo restando che la concessionaria continuerà a essere un luogo di incontro».

Quando ci sarà la ripresa per l’auto, in Italia?

«Cinque, sei anni. Per quello che valgono le previsioni… Ma parlo di un mercato da 1,5/1,6 milioni di auto l’anno: scordiamoci le cifre ottenute con provvedimenti non strutturali, tipo la rottamazione. Che ha fatto solo dei danni».

Solo danni?

«Eccome: vista nel medio periodo, solo danni. Perché molte aziende hanno dovuto strutturarsi su volumi importanti, che poi sono venuti a mancare. Senza contare che i prezzi erano tali che difficilmente venivano remunerate le spese per la consegna dell’auto. Un mercato che vuole cresce re in questo modo fa del male a se stesso».

L’idea nel cassetto?

«Laurearmi in veterinaria, come ha fatto Viola, la maggiore dei miei tre figli (Mattia fa economia e Riccardo è in quinta elementare). M’interessa il sapere, non il pezzo di carta. Prima o poi ce la farò».